Don Chisciotte in Sierra Morena (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1719

 ATTO PRIMO
 
 Bosco alle falde di un monte, con bocca di grotta e fontana con sedili d’intorno ad essa.
 
 SCENA PRIMA
 
 DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 DON CHISCIOTTE
 Alto qui.
 SANCIO
                   Che, signor? Qualche avventura?
 Guardali ben, que’ sono abeti e faggi;
 né con essi t’è d’uopo
 oprar prodezze e vendicar oltraggi.
 DON CHISCIOTTE
5Degno il luogo è di me. Troppo opportuni
 sono un monte, una grotta e un sito alpestro
 per quella, che ho risolto, illustre impresa.
 SANCIO
 Qui vuoi fermarti? E che mangiar pretendi?
 DON CHISCIOTTE
 Basso pensier! Vili dimande e strane!
10Di errante cavalier cibo è la gloria.
 SANCIO
 Ma di errante scudiero cibo è il pane.
 DON CHISCIOTTE
 Mancheranno a un par mio paggi e donzelle
 che, in nome di regine innamorate,
 a sontuosi pranzi
15mi vengano a invitar? Verran, verranno
 credilo, Sancio, sì...
 SANCIO
                                      Verrà un malanno.
 DON CHISCIOTTE
 Ne andaro a Palmerino, a Florismarte.
 E a un don Chisciotte, a me che avanzo in grido
 de’ vagabondi eroi la schiera tutta,
20non verran? Per mia fé saria ben bella.
 SANCIO
 E perché non verran, sarà ben brutta.
 DON CHISCIOTTE
 Tu giammai non mi credi.
 SANCIO
 Come creder ti posso? Agli occhi tuoi
 le osterie son castelli,
25son le pecore alfane ed elefanti;
 e al dispetto del ver giurar volesti
 che i molini da vento eran giganti.
 DON CHISCIOTTE
 Eran purtroppo, io ’l so; ma tu non sai
 ciò che possa l’invidia e la magia.
 SANCIO
30(Il solito pensier di sua follia).
 
 SCENA II
 
 CARDENIO, DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 CARDENIO
 Pur ti raggiunsi, o disleal Fernando. (Afferra Sancio)
 DON CHISCIOTTE
 Agli atti, ai panni, a le parole è un pazzo.
 SANCIO
 Soccorso, aimè!
 CARDENIO
                                Qui a brano a brano al suolo
 l’inique membra spargerò. Qui ’l core
35ti strapperò.
 SANCIO
                          Mi affoga il pazzo. Aita.
 DON CHISCIOTTE
 Il caso è strano assai. Penso. Ripenso.
 L’offesa è mia; ma l’offensore è pazzo.
 CARDENIO
 Tu già mordi il terren. Già ti calpesto.
 Or cibo agli avvoltoi, pasto a le belve
40rimanti in queste selve. (Cardenio lascia Sancio e passeggia pensoso)
 SANCIO
 Bell’amor di padrone!
 DON CHISCIOTTE
 Sancio, pazienza. I pazzi
 non fanno ingiuria; ed il pugnar con loro
 de la cavalleria non è decoro.
 CARDENIO
 
45   Bella Venere, a la tua fonte
 poso il fianco e tergo il fronte.
 
    Qui si calma a poco a poco
 il tumulto del mio core.
 Ma più sento il mio dolore.
 
 DON CHISCIOTTE
50Cavalier, che anche ad onta
 di que’ laceri panni a me tal sembri,
 me come amico in quest’amplesso accogli.
 E in tuo pro tal m’impiega a spada, a lancia.
 Io sono don Chisciotte de la Mancia.
 CARDENIO
55Don Chisciotte?
 DON CHISCIOTTE
                                Io quel sono.
 Tu il cavalier del bosco.
 SANCIO
 Io Sancio, il suo scudier.
 CARDENIO
                                               Non ti conosco. (A don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
 Noto a te mi faranno
 l’opre, se mel concedi.
 CARDENIO
60Odia un mal disperato anche i rimedi.
 DON CHISCIOTTE
 Svelami i tuoi disastri.
 CARDENIO
 Cedo a tua gentilezza. Or qui t’assidi;
 ma pria di raccontar le mie sciagure,
 giurar tu dei di non troncarne il filo
65con dimande importune,
 altrimenti le tracce
 io smarrirei de la dolente istoria
 e questa perderei misera calma.
 DON CHISCIOTTE
 A te giuro silenzio e qui m’assido.
 SANCIO
70Anch’io l’ascolterò ma da lontano,
 che di stargli vicin più non mi fido.
 CARDENIO
 Il mio nome è Cardenio. Ebbi sul Beti
 natali illustri. Ne l’età che appena
 conosce amor, divenni
75de la bella Lucinda amato amante.
 Gli anni crebbero in noi, crebber gli affetti.
 Tutto già ci arridea, quando per legge
 paterna a me convenne
 da Lucinda partir. Mi chiese il duca
80Riccardo a la sua corte, ove mi diede
 per compagno a Fernando,
 suo minor figlio. In amistà ben tosto
 pari età, pari studio ambo ci strinse.
 De la bella e pudica
85Dorotea sua vassalla il prence ardea;
 e pegni del suo ardor, n’ebbe colei
 la fé di sposo e l’auree vesti e ’l sacro
 pronubo anello. Ei poi, pentito o tardi
 temendo il genitore,
90odiò il nodo inegual. Mosse furtivo
 di corte il piede. Io ne lodai la fuga,
 ne fui compagno, ai patri lari il trassi
 per riveder Lucinda. Ei pur la vide
 per opra mia, tanto fui sciocco, e amolla;
95e fin d’alor l’infame
 tela egli ordì del tradimento enorme.
 Avvenne un dì che la gentil Lucinda,
 a cui piacea de’ cavalieri erranti
 legger le strane gesta, a me richiese
100quelle del sì famoso
 Amadigi di Gaula...
 DON CHISCIOTTE
                                       Oh! Se cotanto
 gradiscono a Lucinda i libri egregi
 d’alta cavalleria,
 creder convien che sia
105di quante son nel mondo
 la più savia e gentil. L’altre sue lodi,
 in cosa a me sì conta e manifesta,
 risparmiar tu potevi e dir sol questa.
 CARDENIO
 Adesso, o temerario, adesso, adesso. (Tra sé e pensoso)
 DON CHISCIOTTE
110Del giurato silenzio
 ruppi le leggi. Or mi sovvien. Perdona.
 Segui, segui. T’ascolto.
 SANCIO
 Guardati ben. Torna a impazzir lo stolto.
 CARDENIO
 Fellon, mel niegherai? (S’alza con furia da sedere)
115Vile fu Madasima,
 benché in grado regal. Qui stan descritti
 del suo drudo e di lei gl’indegni amori. (Mostrando un libro di memorie)
 DON CHISCIOTTE
 Come? Vil Madasima? (S’alza ancora don Chisciotte)
 Rea la donna regal di amore indegno?
 CARDENIO
120Leggi, leggi e ’l saprai. (Porge il libro a don Chisciotte che lo getta)
 DON CHISCIOTTE
 Non fu né sarà mai. Qui suo campione,
 qual dee buon cavalier per ogni dama,
 ne difendo la fama. Ella è innocente;
 e chi l’accusa è un ignorante e mente.
 CARDENIO
125Una mentita a me? (Lo getta a terra disteso)
 DON CHISCIOTTE
                                       Sancio, soccorso.
 SANCIO
 Signor, pazienza. È troppo furibondo.
 CARDENIO
 De le dame al campion così rispondo. (Cardenio impedisce don Chisciotte che non può alzarsi)
 
    Là rimanti, o mostro infido.
 Non alzarti o qui t’uccido
130con gli strali del mio amor.
 
    Ah! Così potessi almeno
 veder morto in sul terreno
 del mio core il traditor.
 
 SCENA III
 
 DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 SANCIO
 Sorgi. Il pazzo è partito. (Sancio aiuta don Chisciotte ad alzarsi)
 DON CHISCIOTTE
135Certamente io cadei per via d’incanto.
 SANCIO
 L’incanto fu quel pugno. Eh! Lascia omai
 questa cavalleria tanto fatale.
 DON CHISCIOTTE
 Sancio, non più. Son cavaliero errante.
 Tale solennemente armato fui
140e debbo oprar da tal. Fatiche e rischi
 son per noi glorie e fregi.
 SANCIO
                                                Almen di’, quando
 speri di conquistar provincie e regni
 e l’isola promessa a me in governo?
 DON CHISCIOTTE
 Tosto che a me tu rieda.
 SANCIO
145E dove andar degg’io?
 DON CHISCIOTTE
 Al Toboso; e un mio foglio
 recar a Dulcinea ch’è mia sovrana.
 SANCIO
 So che ami Dulcinea ma nel Toboso
 tal nome io non conosco.
 DON CHISCIOTTE
150Che? Non conosci Aldonza?
 SANCIO
 Quella bruna villa...?
 DON CHISCIOTTE
                                         Quella è ’l mio sole.
 SANCIO
 Che guida al pasco i por...?
 DON CHISCIOTTE
                                                   Quella è il mio nume.
 SANCIO
 La figlia di Loren...?
 DON CHISCIOTTE
                                        Sì, Sancio, quella
 è Dulcinea la bella. Uso gentile
155de’ cavalieri erranti
 è ’l dar nomi stranieri a le donzelle
 e fingerle o regine o ninfe o dive.
 SANCIO
 Andrò, se il vuoi; ma tu restar qui solo?
 DON CHISCIOTTE
 Sì, ai disagi, agli affanni, ai patimenti.
 SANCIO
160Per qual cagion?
 DON CHISCIOTTE
                                 Per Dulcinea che adoro.
 Per Angelica tanto e per Oriana
 fece il grande Amadigi e ’l prode Orlando.
 Al par di lor debbo impazzir anch’io.
 SANCIO
 Ma Aldonza non ti offese.
 DON CHISCIOTTE
165E qui sta la finezza. Il più bel pazzo
 è quel che tal si fa senza cagione
 e sol per invenzione ama e delira.
 Or diasi mano a l’opra.
 Levami questi arnesi e qui gli appendi.
 SANCIO
170Qui? Ti saran rubati.
 DON CHISCIOTTE
 Sopra vi scriverò: «Nessun mi tocchi».
 SANCIO
 E credi ciò bastante a preservarli?
 DON CHISCIOTTE
 Così quei di Zerbin salvò Isabella.
 SANCIO
 Sancio più non favella. Or via. La spada. (Dà la spada a Sancio che l’apprende ad un ramo)
 DON CHISCIOTTE
175Eccola. Pian. Pria vo’ baciarla. Udite, (Don Chisciotte va per la scena, seguitato da Sancio che lo va disarmando)
 rustici dei di questa selva, a voi
 raccomando me stesso e vi saluto.
 SANCIO
 Cortese e sostenuto è ’l complimento.
 DON CHISCIOTTE
 Tu, di liquido argento
180ricco ruscel, perdona
 se mai ti offuscheranno i pianti miei.
 SANCIO
 Vorrei saper se il fingi o se lo sei.
 DON CHISCIOTTE
 Driadi, udite, e napee; qui don Chisciotte
 difenderà da’ satiri insolenti
185l’onor vostro del pari e la sua gloria.
 SANCIO
 Ben presto l’invenzion sarà un’istoria.
 DON CHISCIOTTE
 Scrivasi a Dulcinea.
 Ma penna, inchiostro e carta,
 tutto mi manca. Il ciel mi arride. Attendi. (Raccoglie da terra il libro di memorie)
190Qui nel libro del pazzo
 io scriverò. «Sovrana, alta signora.
 Mia dolce Dulcinea, quella salute,
 di cui son privo, a te, crudele, io mando». (Va scrivendo e leggendo ciò che scrive)
 SANCIO
 Non scrisse mai sì belle cose Orlando.
 DON CHISCIOTTE
195«Sancio, il fido scudiero,
 a te dirà qual io per te rimango.
 Se aita dar mi vuoi, son tuo per sempre;
 se no, fa’ pur di me quel che ti piace;
 tuo finché spiro e spero,
200de la trista figura il cavaliero».
 SANCIO
 Verissima è la firma.
 DON CHISCIOTTE
 Tu nel cammin farai
 in un foglio copiar questi miei sensi
 e a la bella crudel poscia il darai.
 SANCIO
205Oltre di ciò che dir dovrolle a bocca?
 DON CHISCIOTTE
 Ch’eternamente io l’amo
 e che sol per suo amore
 il savio don Chisciotte al tuo partire
 facea strane pazzie.
 SANCIO
                                      Perch’io non abbia
210il rimorso di dirle una bugia,
 fammi sugli occhi miei qualche pazzia.
 DON CHISCIOTTE
 Hai ragion. Son contento.
 S’una non basta, e dieci e venti e cento.
 
    Corro incontro a le squadre de’ mori. (Va urtando col capo negli alberi)
215Guarda l’orso che cala dal monte.
 
    Su, danzate qui meco, o pastori. (Si pone a ballare)
 Ecco Diana che s’alza dal fonte.
 
 SCENA IV
 
 LOPE, ORDOGNO e SANCIO
 
 SANCIO
 Le fa sì al natural che quasi io credo
 vere le sue follie.
 LOPE
220Sancio.
 SANCIO
                 Che? Lope e Ordogno?
 LOPE
 Non istupir. Si vuol da noi che rieda
 don Chisciotte a’ suoi tetti.
 Al sangue e a l’amistà tanto degg’io.
 ORDOGNO
 Ed io tanto a quel zel che ho del suo nome.
 SANCIO
225Ah! Potesse esser ciò; ma adesso appunto...
 LOPE
 Da noi colà in disparte
 tutto si udì, tutto si vide. Or dei
 dar braccio a l’opra nostra.
 SANCIO
                                                   E che far posso?
 ORDOGNO
 Dir che fosti al Toboso,
230che Dulcinea suo cavalier l’accetta
 ma che amante l’aspetta e tosto ei parta.
 SANCIO
 Fatta in tempo sì brieve
 non crederà da me la doppia via.
 LOPE
 Arte non mancheratti, ond’ei ti creda.
 SANCIO
235Già mi sovvien. Va bene.
 Ma l’isola...
 LOPE
                        Già il so. Di quella invece
 avrai da me più d’un bel campo in dono.
 SANCIO
 Or consolato io sono.
 Presto vedrò la cara moglie e i figli
240che per farmi scudiero abbandonai;
 e presto finiran di Sancio i guai.
 
    Mi ricordo che ho sofferta
 la diabolica coperta
 che balzommi in su e in giù.
 
245   Non vo’ più volar senz’ali
 né più far salti mortali
 ne l’errante servitù.
 
 SCENA V
 
 CARDENIO, LOPE ed ORDOGNO
 
 LOPE
 O ch’io m’inganno o questi,
 che a noi sen viene, è ’l misero Cardenio.
 CARDENIO
250No, Cardenio non son. Vivea Cardenio
 ne la fé di Lucinda;
 in lei mancò la fede, in me la vita.
 LOPE
 Sgombra idee sì funeste.
 Tuoi casi a me son noti, a me che un tempo
255ti conobbi in Siviglia
 e, quale or son, ti fui fedele amico.
 CARDENIO
 Amico? Anche Fernando avea tal nome.
 Fedele? Anche Lucinda avea tal pregio.
 LOPE
 E tal Lucinda il serba.
 ORDOGNO
260Né lusinga il tuo duol Lope che t’ama.
 CARDENIO
 Ah! Lope, a te dar fede
 come poss’io senza smentir questi occhi?
 LOPE
 Tradiscono anche gli occhi un infelice.
 CARDENIO
 Ma che dir puoi? Rivale
265non mi è forse Fernando?
 LOPE
                                                  Ei ti è rivale.
 CARDENIO
 Con empia frode al genitor Riccardo
 non mi spedì?
 LOPE
                              Per torti,
 te lontano, Lucinda.
 CARDENIO
                                       Al mio ritorno
 non la trovai sua sposa?
 LOPE
270Sposa no ma promessa.
 CARDENIO
 Ma nel giorno fatal de’ suoi sponsali
 io non la vidi, io non l’intesi a lui
 porger la mano? A lui giurar la fede?
 Che più attender potea?
275Che far? Dai tetti infami
 solo uscir disperato e trar d’alora
 una vita crudel peggior di morte.
 LOPE
 Or l’altrui fede ascolta e la tua sorte.
 
 SCENA VI
 
 DOROTEA da ninfa e li sudetti
 
 DOROTEA
 
    Se in vera e stabil fé (Dorotea di dentro)
280ognor la sua mercé
 trovasse amando un cor,
 che dolce pena sarebbe amor!
 
    Ma quel crudel soffrir,
 quel misero languir
285seguendo un traditor,
 che fiero mostro, che rio dolor!
 
 CARDENIO
 Colmo d’alto stupor m’ha il nobil canto.
 ORDOGNO
 Ma se più vuoi stupir, mira il bel volto.
 DOROTEA
 Chiudasi in voi per sempre il mio dolore,
290solitarie foreste.
 L’aspetto de le belve
 meno orribil mi fia
 che degli uomini il volto. In tutti io veggo
 de la perfidia il nero
295simulacro esecrando
 e trovo in tutti il traditor Fernando.
 CARDENIO
 Dorotea la infelice è questa, o Lope.
 DOROTEA
 Dei, mi s’invidia ancora
 un barbaro conforto? (In atto di voler fuggire, veduti coloro)
 CARDENIO
                                          Al sol Cardenio
300Dorotea non s’involi. Io de l’iniquo
 son l’amico tradito,
 tu la tradita amante. Un punto istesso
 fe’ la nostra sciagura.
 DOROTEA
 Sciagura irreparabile. Trionfa
305in placido imeneo la coppia infida;
 e noi spargiamo intanto
 a le piante i sospiri, ai sassi il pianto.
 LOPE
 Datevi pace omai. Sposa Lucinda
 di Fernando non è.
 DOROTEA, CARDENIO
                                      Come?
 LOPE
                                                      Nel punto
310degli attesi sponsali
 svenne Lucinda. Un foglio, che nel seno
 se le trovò, dicea
 che a Cardenio era sposa
 e che per torsi a l’odiose nozze
315s’era con rio velen tolta di vita.
 CARDENIO
 Che? Lucinda?
 LOPE
                               Ti acheta. Era letargo
 ciò che morte parea. Partì Fernando.
 Ma poiché del liquor mancò la forza,
 l’uso de’ sensi ripigliò Lucinda;
320e col favor de l’ombre
 lasciò i tetti paterni, invan seguita
 da Fernando e dal padre. Eccoti tolto (A Dorotea)
 dei gran mali il maggior. Ciò che ne avanza
 amor dissiperà, tempo e costanza.
 CARDENIO
325Quanto ti deggio, amico!
 DOROTEA
 Torno da morte a vita.
 ORDOGNO
 Tal chi presso al naufragio afferra il porto.
 DOROTEA
 Qual mai pietoso nume a noi ti trasse?
 CARDENIO
 Ma qual ragion sospinse
330fuor de la patria terra Ordogno e Lope?
 LOPE
 Pietà di un folle amico, a me congiunto
 con nodo di natura e di amistade.
 DOROTEA
 Come or vaneggia ed erra?
 LOPE
 Libri ei leggea sovente
335che di fole e menzogne empion le carte,
 ove il tempo si perde e più l’ingegno.
 DOROTEA
 Romanzi?
 LOPE
                      Appunto; e quelle
 d’erranti cavalieri alte sciocchezze
 sì gl’ingombraro e gli offuscar la mente
340che, postosi in idea d’irsene armato...
 DOROTEA
 Ah! Ah! Quel di cui parli
 seria il famoso don Chisciotte?
 ORDOGNO
                                                          È desso
 e in queste selve egli or dimora.
 CARDENIO
                                                            In queste?
 Giurerei che poc’anzi io qui lo vidi;
345ma qual chi sogna, io ne ho l’idea confusa.
 DOROTEA
 Qual follia qui ’l trattiene?
 LOPE
 Un suo ideato amore.
 DOROTEA
 Pazzo ed amante? Ei non è il primo o ’l solo.
 CARDENIO
 L’oggetto?
 LOPE
                      Una bifolca.
 DOROTEA
350Dulcinea del Toboso?
 LOPE
                                          Il nome è finto,
 vera la patria. Ei sua l’appella e invoca
 regina e dea. Foglio d’amor poc’anzi
 le scrisse il folle e n’era Sancio il messo.
 Ma da noi prevenuto
355farà ch’ei rieda a le natie contrade,
 ove trarlo d’error sarà pietade.
 DOROTEA
 Questo è ’l tuo voto? A me ne lascia il peso.
 Alcun di voi mi siegua.
 LOPE
                                             Io sarò teco.
 DOROTEA
 De la sciocca lettura
360ben mi compiacqui anch’io.
 Questa or varrammi al pensier vostro e al mio.
 
    I deliri di un infermo
 porrò in calma e sanerò.
 
    Ma ristoro al mio martoro
365sol da amore attenderò.
 
 SCENA VII
 
 ORDOGNO e CARDENIO
 
 CARDENIO
 Chi sa dove si aggiri e dove io possa
 trovar la mia Lucinda?
 ORDOGNO
                                            Il male e ’l bene
 non principian per poco.
 Spera; e al vicino albergo
370questo or vieni a depor lacero ammanto
 che al tuo grado gentil troppo disdice.
 CARDENIO
 Se fedel mi è Lucinda, io son felice.
 ORDOGNO
 
    Non è incostante
 femmina amante,
375quando ritrova
 un cor fedel.
 
    Il nostro sesso,
 poco amoroso
 o assai geloso,
380la fa infedel.
 
 Fine dell’atto primo
 
 Segue il ballo de’ paesani.